giovedì 3 settembre 2015

Microapocalissi, parte I (2001)

by guido monte
photo by pippo zimmardi

 I. 
                                 
"Le vide de chaque jour, vide de choses et de pensées pour ne pas se regarder au dedans, la totale
absence de clarté sur le destin qui se déploie devant nous, toupie aveugle qui tourne sur des événements quotidiens et va te cogner exactement en face".
Inizio: Io, Guido, pensoso nella gioia e nella preoccupazione, mi ritrovo in una delle tante sedi dei morti-viventi; qui sono nato e mi è stranamente capitato di continuare a viverci.

Immerso come al solito nei miei doveri giornalieri di un mattino qualunque, ho sentito un sussurro flebile, una ragazzina. Era magra, i capelli biondo-pallido; era una bimba che parlava come una vecchia, veniva fuori dalle pieghe dell’asfalto di via Roma, mi disse che era venuta a portarmi in viaggio, per vedere ciò che sarebbe accaduto nel 2025.
.Cercai di osservare la ragazzina; sembrava una mia allieva, tratti comuni, tremava – spesso non riuscivo a sentirla. Parlava a casaccio, in francese, mescolando le parole... gridò: n'as-tu pas peur de moi? moi, je n'existe pas, je suis morte probablement… je suis venue seulement te montrer quelques choses.
                       
Come ti chiami, domandai alla ragazzina.
Appelle-moi Dantina,  mi rispose sbadatamente. Si chiamava Dantina.

     II. 

Dantina mi indicò poi una porta aperta - dentro, un’enorme assemblea regionale del 2025, e i seggi pieni di onorevoli deputati sempre-vecchi sempre-giovani, avvolti in tutto il corpo da tanti telefonini, dentro e fuori dagli abiti – dal seggio centrale IL PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA,  in diretta e costante comunicazione con il dio della capitale, il Presidente del Consiglio dei Ministri, quest’ultimo per loro quasi onnipotente .
Sul muro era incorniciata la scritta : "Das Macht macht frei".
Intorno al capo c’erano 4 questori, uno simile a un diavolo, uno simile ad un porco, uno simile a un serpente, uno come una sanguisuga . Anche loro in giacca e pantaloni neri, cravatta firmata, almeno sei telefonini ciascuno, che suonavano alternativamente.

E i questori, osservandomi bene, mi dissero:
SE SEI UN ELETTORE, PROSTRATI CON RISPETTO AGLI STIPENDI, AI RIMBORSI, AI VITALIZI, ALLE AUTO BLU AGLI STRUMENTI E ALLE PROFESSIONALI COMPETENZE
DELLE ALTE CARICHE DELLO STATO!
E tutta l’assemblea ripeteva: sì, amen.

Intorno al Presidente  lavoravano instancabili quattro solenni commissioni: una sulla lotta permanente contro il pericolo psicologico  per la popolazione dei biechi complotti internazionali europei orditi contro il governo; una sui danni della falsa cultura nei soliti covi universitari; una per l’abolizione dell’ultima riserva marina che si nascondeva nell’isola, rinnegando le prerogative di necessario sviluppo economico del territorio; la quarta commissione stabiliva i validi motivi per giustificare l’aumento del mensile dei deputati ad un milione di euro.

E il Presidente aprì il libro dell’ “abominio della desolazione", e canticchiò:  “Ogni perfetto deputato apra una pagina di gloria” (c'est seulement infamie et corruption, commentò la mia guida , Dantina).
Restavano 7 pagine, e 7 onorevoli fremevano, erano gli assessori regionali.

Quando il primo assessore aprì la pagina, con sollievo il capo dei questori comunicò ai giornali: ”Ecco, la Regione s’impegna...”, ma si vide solo una spider rossa con dentro un fucile mitragliatore, forse un dono di elettori eccellenti.
Il successivo assessore aprì la seconda pagina, e venne a galla il sangue di chi era stato sgozzato o strangolato per mafia in città in quel giorno feriale, il sangue  di buoni e cattivi senza distinzioni.
Alla terza pagina il capo-questori comunicò di nuovo alla stampa:
“Ecco la Regione s’impegna...”, e uscirono fuori tonnellate di quintali di scorie radiattive illegalmente nascoste fino ad allora nei fiumi, nei bacini, nei mari, nel sottosuolo dell’isola, scorie da tutte le nazioni, che continuavano ad affluire come un oceano sterminato.
Quando il quarto assessore aprì il foglio, furono emanati altri dieci comunicati; allora si materializzarono eserciti di poliziotti e magistrati morti ammazzati nei cento anni precedenti.

Al quinto assessore, si mescolarono a caso armi convenzionali, frutta  e verdura al pesticida, bustine di cocaina, miliardi di pratiche inevase, baby-pensioni miliardarie, diplomi falsi, appalti gonfiati,
virus per la guerra batteriologica, tangenti, quindicesime, sedicesime, bombette atomiche e
 mucchi di dollari.
Quando il sesto assessore sfiorò la sua pagina , i deputati telefonarono per ordinare autobotti d’acqua dalla capitale... il capo dei questori denunciò con indignazione agli inquirenti e al corpo forestale
l’incendio dell’ultimo albero isolano, l’ultimo in assoluto, era stato nascosto in segreto all’orto botanico… in aggiunta a questo, tra i pianti degli speculatori mafiosi, non c’era più una sola goccia d’acqua naturale in tutta la regione; il governo di Roma doveva emanare un decreto d’urgenza per riempire almeno i recipienti delle ville degli onorevoli ancora residenti nell’isola.
E 4 giornalisti corsero alle sedi televisive, e avvisarono che, per ricevere un bicchiere di minerale al giorno, i siciliani dovevano inoltrare relativa documentazione presso gli uffici competenti… questi entro 40 giorni avrebbero rilasciato un tesserino rinnovabile annualmente agli aventi diritto.
 I deputati ripeterono infuriati: amen!

Ma ormai era mezzogiorno, io e Dantina non avevamo fatto neanche colazione. Tanto sarebbe stato inutile restare ancora nella sala: non avevamo cravatta o carte di credito, la fame si faceva sentire,
il mio telefonino era scarico… e poi c’era un baccano d’inferno, gli onorevoli si pestavano tra loro per chi doveva entrare prima alla sala dei rinfreschi ,  il settimo assessore aveva macchiato di brillantina
 la settima pagina dell’abominio-desolazione . Quando uscimmo, l’assemblea  dietro di noi era un terremoto di bestemmie e grida in dialetto.

 III.

Di fronte ai nostri occhi l’ingorgo e i clacson, i 40 gradi di un normale gennaio del capoluogo, code sterminate per fare benzina, code ai sylos riempiti con acqua reflua dei villini residenziali, l’unico liquido che non si vendeva a peso d’oro, dato che era fognante, e che i quartieri si dividevano  come se fosse prezioso, tra risse furibonde.
La solita puzza intensa di smog, benzene, nessuno che ci facesse caso, tracce di cenere nell’aria, tanfo di plastica che bruciava; alberi non ce n’erano più, almeno i piromani urbani si consolavano dando fuoco alla plastica. Le automobili riempivano a tappeto ogni minuscolo tassello di strada, e si muovevano impercettibilmente mentre i conduttori, congelati dai climatizzatori al massimo, imprecavano dai loro telefonini.
Completamente unti di sudore e soffocati dall’aria congestionata, ci trascinammo  verso il porto.
Il mare non era mutato neanche, rispetto al mio tempo, era nero- pece; i mozzi dei panfili, delusi, scaricavano nafta e liquami a ridosso del molo (non c’erano più spiagge o riserve naturali
dove gli inquattrinati potessero insozzare i bagnanti invidiosi con i loro scarichi, perciò bisognava accontentarsi di sporcare il porto) . Gli ultimi pesci morti galleggiavano per essere raccolti dagli archeologi come reperti del passato…  il desalinatore, finalmente acquistato con più di vent’anni di ritardo, era di nuovo rotto, non riusciva a pompare fluidi quasi solidi.
Diedi a Dantina 20 euro per comprare mezza minerale: l'assaggiammo tappandoci il naso, così si riusciva a non vomitare… l'acqua ASSENSIO era del resto la sola disponibile nel territorio per i non
 parlamentari, che non potevano accedere ai negozi per turisti.

Mentre un'aereo militare faceva esercitazioni a bassissima quota a pochi metri dalle nostre teste, ci spostammo verso il centro. Andai a prendere qualcosa al panificio, ma quando tornai
trovai Dantina addormentata sul marciapiede. Il viale era pieno pieno di gente di colore, come noi distesa a terra a consumare il pasto.
"Az codam chescvar hastid, baradaran?",chiese un padre di famiglia iraniano vicino a me."Non faccia domande proprio a noi; non siamo di nessun posto, non esistiamo," gli accennai, uniformandomi a ciò che Dantina mi aveva spiegato. L'uomo sorrise: "Sciaiad ta ciand vaghte digar ensani dar ruie coreie zamin vugiud nadaschte basciad..." e si girò dall'altra parte. A quanto pare, mi spiegarono, dubitava che tra poco sarebbe esistito più nessuno.   
Preso il mio posto, provai a sfogliare i titoli di un giornale abbandonato lì vicino, non era diverso dai nostri foglietti di propaganda alternativa.
MILIONI DI LEUCEMIE E TUMORI DA SCORIE DI ARMI RADIATTIVE IN AFGHANISTAN – 100.000 MORTI DI FAME AL GIORNO IN AFRICA.
AUMENTATE DEL 110% LE PENSIONI REGIONALI.
Alzando lo sguardo, non mi parve in effetti che queste notizie dell’altro ieri avrebbero potuto interessare qualcuno, se fossero state vere.
Addentai il pane; nella bocca il sapore era dolce, ma arrivato allo stomaco incominciarono i crampi. Perché? Anche per noi  il famoso e terribile monito alimentare governativo americano, “taci e mangia”?
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Dantina improvvisamente si svegliò (era una ragazza sveglia, innocente e consapevole al tempo stesso...sembrava viva) regarde Guido, mi disse, regarde – c'est le programme “Le rêve d’un papillon” , avec le plus grand index d'écoute! Con la mano m’indicò un mega-schermo gigante, immagini televisive che arrivavano dritte dritte da Roma, da S. Pietro.
Allora comparve una star, FIORELLA SEVVA’, bellissima e senza età, la più famosa presentatrice di tutti i tempi, sulla cresta dell’onda da 50 anni.
Stava sposando l’uomo più potente d’Italia, PIERSANDRO SCOLUBERNI, il capo che ci governava da sempre. Scoluberni abbracciava il ventre di Fiorella, che aspettava un figlio, quello che il popolo voleva come erede alla presidenza del consiglio.
Il Papa Pietro II li benediceva, consegnava nelle loro mani il sacro annullamento di ogni matrimonio o divorzio precedente potessero aver mai contratto:  erano gli unici degni di questo privilegio.

Nel video le plastiche facciali dei volti luccicavano delicate, così diverse dai visi cadaverici dei tipi che mi circondavano al Politeama, che era pure zeppo di ratti e di sacchi di rifiuti . Poi apparve il pubblico di piazza S.Pietro, che dalle transenne adorava Scoluberni, agitava le sue foto e i tesserini dei fan-club
tra le statue erette in suo onore; ad ogni sua parola, alzando il braccio con il saluto romano, tutti dicevano: AMEN!

(continua)

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