sabato 23 novembre 2013

"Obnimayu"

by Marco Ferrante

È solo che luna oggi brilla più forte,
fa sembrare le cose attorno non vere,
e gli alberi sembrano i disegni
delle storie dei libri per bambini.

Immagino il suo computer spento,
forse ancora sul tavolo della sua scrivania
nel suo appartamento.
E lì dentro magari ci sono foto
che forse nessuno guarderà più.

Forse gridava,
o si stringeva a qualcuno,
silenziosa
come faceva quando qualcosa della vita
le illuminava il volto limpido,
e i suoi occhi belli.
Forse aveva gli occhi chiusi,
disperata.

Non riesco a staccare gli occhi dalla lista dei nomi,
interrogarmi su quali siano stati i suoi ultimi pensieri,
chiedendomi se la sua foto poggiata al tronco di un albero
di fronte a un lago
sia davvero l'ultima,
se abbia mangiato almeno un altro pezzo di torta,
con la sua sempiterna gioia di bambina dolce.

Chissà se piangeva,
se aveva tanta paura
quando l'aereo è caduto in verticale
come l'abbiamo visto noi, da qui.
Forse aveva gli occhi immobili,
ed un sospiro le si è strozzato in gola
prima di toccare terra.

Mi sembra di vedere ancora i suoi ricami incompleti,
con il disegno di un uccello roseo che non riuscirà mai a volare.
Forse aveva gli occhi lucidi
ed era in pace,
la stessa che davano i suoi occhi quando si concentravano su qualcosa,

come quando giocavamo a scacchi
sui tavolini di un bar al sole
in un posto sperduto della Sicilia,
dove faceva troppo caldo, a dir suo,
e lei sorrideva sempre anche quando perdeva.

Cerco di non pensare al suo corpo delicato,
fragile come quello di un uccellino rosa,
a cosa resta dei suoi occhi belli,
dopo lo schianto, e il fuoco, e l'esplosione.
Cerco di esorcizzare il pensiero di lei con parole sulla carta.

Ma non ci riesco.

Pure la luna avvolta dalle nuvole di questa mattina sembra tanto triste.


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