domenica 22 settembre 2013

Il poeta e lo scienziato

 
di Andrea Castrovinci

La scienza s’è avanzata
al punto da lambire l’immortalità.
Non voglio (Dionescansi!) l’immortalità!
Chiedo, alla vostra infernale maestria,
di cambiarmi il cervello,
del resto non lamento.
«Desidero uno scambio a mio favore.
Dottore, scienziato, travasatore
matto! Piantami il cervello d’un gatto!
Il micio pensa poco,
lo vedo richiamarsi
dal sonno meridiano
se un mormorio lontano
gli giunge fioco fioco…
Appena intende il nome che gli diedi.
Oh micio, nulla chiedi,
solo il cibo e le carezze! Eppure,
d’in quando, sembri triste…
Ti aggiri casa casa
occhi annoiati a morte…
Lasciamo stare il cervello del gatto,
non voglio che la sorte dell’uccello!
Desidero il cervello d’un rondone!
Lo vedi nero-snello,
s’invola come un lampo,
lo senti altolevato
garrire su ogni campo!
Però, a pensarci bene, il rondone
in aria vive, in aria pur s’accoppia…
Ad essere un rondone senza l’ali,
tristezza proverei…
Dottor, mi dica lei,
io voglio la salvezza!»
«Allora le offro il vivere di pianta,
che a niuno nulla chiede,
si pasce, ove risiede,
di terra d’aria e sole;
parole non intende,
il suo unico amante
è il sole, come tutte l’altre piante.»
«Ma… se la pianta provasse dolore?
Non crede che soffra riarsa dal sole
cocente, con le foglie
prive del vivo colore verde,
stramazzate nel giallore della sete?
Accasciata su se stessa, coi rami
disseccati e penduli…
Che sete deve avere
i dì d’estate quando langue al sole!»
«Non trovo cosa dirle,
vuol essere una roccia!?»
«Roccia, roccia… potrebbe andarmi bene!»
«Posso offrirle il sentire d’un vivente,
io sono uno scienziato,
non un mago o un alchimista!» «Peccato,
avrei desiderato
d’essere trasformato
in un sasso da niente!»

 

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