lunedì 11 febbraio 2013

EXIT ovvero Uscita di sicurezza in forma di poesia

di
Francesco Scrima
 
“Oggi è proprio finita” – mi dicevo – “è finita…”
(e già nel vortice inghiottivo le parole
e non la sentivo più mia
chissà com’era, dov’era, cosa era)
di colpo tornavo a bastare a me stesso
nel gioco dell’esistenza (se l’essere non basta)
e freddo e vento erano freddo e vento
e la pioggia una cosa inerte che bagna
tutto – improvvisamente spietatamente banale.
Raggiungere l’ubi consistam
                                                                                                                     desiderio carnale
e quello stupido bisogno di felicità
                                                                                                (cos’è “felicità”?)
ma già i pensieri s’assommano ai pensieri
no, non c’è più un ieri
- mai più dovrà esserci nella mia vita un ieri –
e saperti appagata forse è il meglio
che possa chiedere – eccome! – e, potessi,
lo chiederei
per sorriderne con chi ti sta vicino.
Ecco, torna il tarlo a rodere il cervello.
Ma: che importa?
(IT DOESN’T MATTER !!!)
l’intelletto si ciba del suo cibo
quello che non si corrompe
ed è vivo – capite? – è vivo come mai
pronto al decollo, al volo interminabile,
a imboccare le correnti giuste
(habet non habetur)
unico vero trionfatore!
È un rullo compressore
                                                                                                               che ci sovrasta
e le parole sono le sue dita
taglienti dita a carezzare…
Per questo – mi senti? puoi più sentire? –
per questo
Non c’è vita mai / che al suo sogno basti”
(sii realista,
una volta almeno,
hai preteso da te stesso
l’impossibile…)
e allora basta (basta prendere botte):
“O tu, Edipo,
                                                                                                        perché indugi ad andare?
Da troppo tempo indugi:
                                                                                                         è ora, ormai che tu vada…”
Ma dove andare quando
a mezza via
il compagno di viaggio si è fermato
pavida preda di presagi infausti
e parole impietose e di certezze…?
Eppure questo è tutto: non c’è mezzo né fine
nel turpe guazzabuglio ch’è la vita,
e se meno capisco meno voglio capire.
                                                                                                         Tutto qui.
Tutto in una lettera.
E stavolta – ci credi? – è proprio l’ultima.

 

2 commenti:

  1. Originale miscuglio di Eliot, Pascoli, e tanto, ma davvero tanto dell'Autore, perduto nei meandri dell'esistenza. Bellissima
    Black Swan

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    Risposte
    1. Perdersi a volte è doloroso a volte no. L'esistere, al contrario, è sempre banale. Grazie per il giudizio.
      F.

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