mercoledì 5 dicembre 2012

Siria, dramma infinito

di Valentina Sechi
Il fronte mediorientale continua a essere caldo, anzi caldissimo. Non appena rientrata l’ennesima recrudescenza del conflitto israelo-palestinese il vento caldo della rivolta continua a soffiare inarrestabile sulla Siria dove il conflitto perdura da ben 18 mesi. Prima di procedere ad analizzare gli ultimi sviluppi ripercorriamo brevemente le vicende che hanno interessato il Paese. Gli scontri tra i ribelli siriani, che volevano spingere il Presidente Assad a varare riforme per la democratizzazione della Siria, e il Governo di Damasco hanno preso il via dalle manifestazioni di piazza, poiché sulla base di una legge del 1963 recentemente abrogata, queste erano proibite e dunque il regime ha risposto aprendo il fuoco sui civili ritenendo che volessero creare uno Stato islamico radicale come proverebbe la presenza nel Consiglio Nazionale siriano (SNC), autorità politica in esilio con sede a Istanbul istituita nel 2011,  dei Fratelli Musulmani e di altri gruppi legati ad Arabia Saudita e Al-Qaeda.
Mentre le città venivano pesantemente colpite, civili e disertori hanno dato vita all’esercito siriano libero (FSA), migliaia di manifestanti sono stati arrestati e torturati in barba ad ogni norma di diritto internazionale e molti hanno scelto di scappare rifugiandosi in Paesi vicini come Turchia, Giordania, Libano e Kurdistan iracheno. Tuttavia, le organizzazioni internazionali hanno accusato le forze lealiste di usare i civili come scudo e i ribelli di ripetute violazioni dei diritti umani nei confronti di miliziani e soldati. La reazione della Comunità internazionale, nonostante la sua azione sia stata finora poco incisiva, non si è fatta attendere. Lega Araba, Stati Uniti, Unione Europea e Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC) hanno condannato le scelte di Assad, mentre Cina e Russia hanno posto il veto a mozioni che si sarebbero espresse in tal senso. Mosca in particolare ritiene che la caduta di Assad provocherebbe sangue, instabilità e vuoto di potere

In ottobre, dalla Siria sono partiti colpi di mortaio in direzione della Turchia che hanno causato 5 morti e 13 feriti; in risposta il governo di Ankara ha colpito diversi obiettivi militari siriani provocando altrettanti morti e 15 feriti tra i lealisti. Secondo la NATO, che ha chiesto la loro immediata cessazione, “gli attacchi della Siria alla Turchia sono una flagrante violazione della legge internazionale”. Gli USA poi definiscono la reazione della Turchia “appropriata e proporzionata”. Il Presidente turco Erdogan (che insieme a Qatar, Giordania e Arabia Saudita sostiene l’opposizione siriana ) ha presentato richiesta formale alla NATO per dispiegare missili Patriot lungo il confine con la Siria creando una no fly zone e un’area sicura larga 60 Km controllata dai ribelli; proprio oggi l'organizzazione ha dato via libera all'impiego dei missili terra-aria poiché  ciò “aumenterebbe la capacità difensiva della Turchia” e contribuirebbe a ridurre gli attriti, sebbene spetti agli Stati che dispongono dei missili, Usa, Germania e Olanda, l’ultima parola relativamente a quanto tempo i missili debbano essere impiegati. In precedenza il parlamento turco aveva autorizzato operazioni militari fuori dal confine nazionale e, nonostante l’allarme del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, il Presidente turco aveva precisato che i missili avrebbero funto da deterrente. Lo stato d’allarme resta tuttavia un obbligo, in quanto il suo Ministro degli Esteri  Davutoglu non intende aprirsi al dialogo con Damasco, ritenuta colpevole di aver interrotto la tregua richiesta dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in occasione della festa islamica del sacrificio. Inoltre i Jet turchi sono stati autorizzati ad aprire il fuoco in caso di pericolo.

Il 5 novembre è stata tenuta a Doha una nuova assemblea generale del CNS, durante la quale è sorto un nuovo soggetto politico che si propone come maggiormente rappresentativo e che riunisce le forze di opposizione: la Coalizione Nazionale Siriana, la NC ( composta da 60 membri, di cui 22 appartenenti al SNC, 10 a minoranze e 19 ad attivisti appartenenti a varie organizzazioni di attivisti e gruppi politici), guidata dallo sceicco al Khatib. Obiettivo della coalizione è rovesciare il regime e gestire la transizione verso la democrazia, a partire dalla formazione di un governo ad interim dotato di un consiglio militare e un’autorità giudiziaria, che si presenti come solida alternativa al regime. I leader della NC si aspettano supporto in denaro e armi da parte dei governi occidentali molti dei quali ( Francia, Gran Bretagna, Italia, UE) ne hanno riconosciuto la legittimità e pare che anche gli USA si preparino al riconoscimento dell'opposizione come legittimo rappresentante del popolo siriano. Il timore principale è la mancanza di cooperazione tra la NC e i gruppi armati indipendenti, all’interno dei quali si trovano combattenti legati ad Al Qaeda, il che spiegherebbe la riluttanza della Comunità Internazionale ad intervenire in maniera più energica.

Un altro evento rilevante all’interno del  vertice del SNC  è stato il rifiuto della proposta avanzata dal vicepresidente Seif di istituire una leadership politica ampia democratica e inclusiva, la Nuova Iniziativa Siriana, il cui scopo sarebbe preservare l’indipendenza e la sovranità siriane, l’unità della Nazione e del popolo,  secondo il principio che una Siria civile, pluralista e democratica sarà possibile solo dopo la caduta del regime e dei suoi simboli. L’idea di un governo di transizione esterno al SNC, che avrebbe dovuto gestire le zone liberate e si sarebbe dovuto coordinare con il braccio armato della rivolta, è stata bocciata, perché percepita come imposizione da parte dell’Occidente: il Segretario di Stato americano Clinton aveva in precedenza affermato che il SNC, pur riconosciuto come “legittimo rappresentante del popolo siriano”, aveva perso il supporto degli USA. Per sottolineare l’ingerenza estera il Telegraph ha scherzosamente rinominato l’iniziativa Seif-Ford dal nome dell’ambasciatore USA in Siria.

Anche sul versante israeliano si registrano problemi, dopo che Qunaytra, capoluogo della regione del Golan in parte occupata da Israele da 45 anni, è stata colpita dai ribelli che volevano conquistare la zona tra la città e Damasco. Dopo che proiettili di mortaio provenienti dalla Siria hanno raggiunto la regione, il Premier Netanyahu ha ribadito che Israele difenderà il proprio territorio.

Nonostante il gran fermento politico  non va dimenticato l’aspetto sociale del conflitto, l’emergenza umanitaria. Oltre ai 400.00 morti e alle migliaia di sfollati, secondo Ban Ki Moon potenzialmente 4.000.000 civili entro la fine del 2012 si troveranno in situazione d'emergenza e i rifugiati saranno 700.000. Per l’inviata per le emergenze umanitarie  italiana Boniver, giunta per annunciare misure di sostegno ai profughi siriani in Turchia ( in quanto la politica siriana impedisce alle ONG di operare nel Paese), essa rappresenta “un dramma umano e una sofferenza enorme”.       Particolarmente drammatica è la situazione di Aleppo, una delle città più colpite. Attualmente i ribelli controllerebbero il 55-60% della città mentre  la restante parte sarebbe gestita dalle forze lealiste; molte strade sono interrotte e spostarsi tra le parti è pericoloso oggi, come lo era ieri tentare di oltrepassare il muro di Berlino, il prezzo dei generi alimentari è aumentato del 30%, molti beni vengono confiscati dal regime e quelli che viaggiano via terra finiscono nelle mani del FSA. Anche il sistema sanitario è a rischio: il 60% dei medici ha lasciato la città; si registra la mancanza di medicine e di adeguata assistenza sanitaria; alcuni ospedali sono stati adibiti ad alloggi collettivi, pur privi di finestre; i bambini non vanno a scuola e di recente per la prima volta un raid aereo ha colpito un campo profughi.

Conoscere effettivamente ciò che accade in Siria è molto difficile, perché il governo esercita una forte censura. Tra il 29 novembre e il 1 dicembre le linee telefoniche fisse e mobili e la rete internet sono state messe fuori uso, preludendo, secondo i ribelli, ad un’escalation da parte del governo che ha invece spiegato come ciò sia invece legato ad attacchi terroristici. Damasco assicura comunque che non userà armi chimiche contro i civili, tranquillizzando gli USA che preoccupati per lo spostamento in funzione tattica degli arsenali del regime si erano detti pronti all’azione, se tale circostanza si fosse verificata. Preoccupa soprattutto la dotazione siriana di missili di fabbricazione sovietica e nord-coreana le cui testate potrebbero essere riempite da sostanze chimiche o batteriologiche.

Il conflitto potrebbe presto incrociare un difficile snodo politico internazionale con il possibile ritiro da parte dell’Onu e dell’UE del personale non necessario e con l'imminente viaggio del Segretario Generale ONU in Turchia e in altre località del Medio Oriente, stante al momento l'accusa da parte del Ministro degli esteri russo rivolta ad alcuni Paesi di voler sabotare i tentativi per raggiungere una soluzione politica della crisi e aprire le porte a gruppi estremisti. Ankara chiede che Assad abbandoni il potere per avviare la transizione, mentre Mosca è disponibile ad aprire il dialogo, nonostante un suo aereo diretto a Teheran sia stato perquisito dalle autorità turche la ritenuto veicolo di trasporto di munizioni per il regime siriano

Di Siria si parla poco, troppo poco. Questo paese martoriato da una guerra intestina che coinvolge tutto il Medio Oriente e in cui l’emergenza umanitaria assume proporzioni spaventose viene spesso dimenticato, ma la situazione continua a restare esplosiva. Per questo è importante ricordare che oltre Gaza, oltre l’Iran c’è un Paese che soffre in cui la pace appare un miraggio sempre più lontano.

Valentina Sechi 4/12/2012

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