venerdì 28 dicembre 2012

nocturnes

by Giulia Greco

Three, Two, One, Liftoff

This is Ground Control 
to Major Tom
You've really made the grade

Si ce l’ho fatta, la macchina corre, scivola, scivola va via. Via da me. Le ore passano, scocca l’ora inesorabile, l’auto starnazza, si arena in un vicolo, non regge la curva, riparto in seconda. Sono sola, corro per la città, e la odio. Come se non l’avessi mai vista prima, e adesso, nella sua carnalità eccessiva, brunita di porto, e zibibbo, all’ora di cena, in taverna, e le facce, sempre le stesse, maccheroniche individualità banali, all’orlo della luce azzurra e rauca della notte che s’apre. Fuggo prima che inizia, le luci al neon mi trapassano il cranio. Stramazzo imbarazzata, imbarazzante ai visi sociali, che ridono, e che credevo diversi, ed anch’io mi credevo diversa, e ora non riesco a ridere, come voi, sull’orlo della notte.
Vucciria di suoni assurdi, che tuonano furtivi, su un mondo che s’accascia, prendo il volo. Fuggo con la mia navicella dai suoni gutturali, e secchi, e alcolici, si impenna su due ruote il mio veicolo del tempo. Sale lento sopra l’ora che s’attarda, fugge in cielo, e poi sparisco, tra la nebbia maleodorante dei vicoli sporchi.
Perde l’aria, l’atmosfera singolare, diventa agevole e già vista, “alternativo” è un cliché imborghesito, nostalgici accordi di ieri immediati.
So che il problema è la mia riflessività: dovrei fare come voi, sorridere alla noia, osannare i perditempo, raccontare delle mie esperienze interessanti, trovar da ridere, e farvi ridere, ma io non posso, tendo a scivolare, come i sogni al mattino, tra le coperte sporche, e il vino rappreso sul cuscino.
Vado, parto, vado via, lontano.

For here
Am I sitting in a tin can
Far above the world
Planet Earth is blue
And there's nothing I can do

Non c’è niente che io possa fare, se non volteggiare in questa latta e guardarvi da lassù, di lontano. Spero sorriderete a vedermi felice, da sola, mille anni luce lontano da voi, senza l’ombra del dispetto, e della noia, e del dolor che m’accompagna sempre, nella luce al neon di questa sera.

Though I'm past 
one hundred thousand miles
I'm feeling very still
And I think my spaceship knows which way to go
Tell my wife I love her very much 
she knows

Lei lo sa, l’amo, e non ho bisogno di dirlo. Mi si appende sulle labbra, e lei perdona le mie assenze, sa che non significa nulla la notte nella casa vuota, e la luna piena, ed il vino che culla, lei sa, che il mio dolore tornerà, spero non mi stia accanto per inerzia, spero non si senta addosso la responsabilità del mio vivere o morire.

Ground Control to Major Tom
Your circuit's dead,
there's something wrong
Can you hear me, Major Tom?
Can you hear me, Major Tom?
Can you hear me, Major Tom?
Can you....

Here am I floating 
round my tin can
Far above the Moon
Planet Earth is blue
And there's nothing I can do.

Non c’è niente che io possa fare. Niente. Sono qui da sola, e nessuno può raggiungermi. Inutile illudersi del contrario, continuerò a viaggiare nelle costellazioni maggiori come un viandante spento, acceso ad ogni stella fatua, ad ogni fuoco azzurro, gelato; vorrei solo poter dire ancora :
“…And the stars look very different today”.

1 commento:

  1. Vedo che l'idea dei notturni si fa strada in te. E' molto affascinante quest'idea.
    Ciò che ho letto è molto interessante.
    Un melange efficace tra poesia e prosa poetica. Non serve a niente chiedersi se il tutto tende alla poesia o alla prosa. Stavolta però la prosa ha un suo referente nel reale più consistente.
    Quando leggo qualcosa che è estrinsecazione dell'io, come qua, non posso che domandarmi se i riferimenti autobiografici sono reali (scusa è una mia abitudine). La solitudine, quella vera, è una cosa molto dolorosa. E' di quel tipo? E una dimensione letteraria come in Leopardi? Beh in fondo sono fatti tuoi.
    Invece qualche passaggio della prosa mi fanno pensare (scusa l'autoreferenzialità) ad un racconto che scrissi un annetto fa, dal titolo "La città". A presto.

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