giovedì 22 dicembre 2011

un racconto di cechov




corsia numero sei
di guido monte
(dal racconto di anton cechov)

un padiglione abbandonato dell’ospedale,
dentro un bosco di lappole, il tetto arrugginito,
il camino a pezzi, i campi verdi che guardano
e invadono questo carcere triste.
e mucchi enormi di rifiuti d'ospedale.
e nikita, il custode-infermiere ottuso,
che colpisce per far male,
picchiare
l’unica via per lui possibile
per mantenere un presunto ordine.

e cinque malati, pazzi, seduti sul letto.

e uno parla in buona fede della bassezza umana,
del sogno di un mondo diverso
e di una vita che non ci sarà mai,
come tanti politici quando
mentono sapendo di mentire.
un altro parla delle tante croci al merito
ricevute da capi di stato,
come i tanti “normali” che si vantano
di immaginari riconoscimenti ricevuti
in virtù di presunte doti eccezionali.

e ogni giorno ritorna uguale,
il tè, e la zuppa di legumi.

andrèj efimyc è il dottore, e non ha cura di sé.
in ospedale non viene tutti i giorni,
tutto l’annoia, anche se continua
a comprare qualche libro di filosofia.
per lui nel mondo tutto è insignificante
e la vita è una scomoda trappola:
il passato da dimenticare,
il presente pieno di sporcizia e malattia,
tutto è vanità, tutto è uguale.
ed il vice, evgènij fëdorovic, vuol soffiargli il posto.

ivàn dmitric invece, uno dei matti,
accusa efimyc perché sani e matti sono uguali,
eppure i sani possono passeggiare e vivere
e i matti sono i malati prigionieri…
lo accusa per una disperata
e improvvisa volontà di vivere.
ma è dipeso solo dal caso, nota il dottore,
è stato solo un caso, qualcuno
in carceri e manicomi deve pur starci,
tutti moriamo e dio non c’è,
spiega il dottor efimyc…
è facile parlare così, risponde ivan
se non si è mai sofferto veramente.

ma ormai tutti sparlano del fatto
che il dottor andrèj efímyc va sempre
nellla sala numero 6, a parlare
con ivàn, e senza prescrivere niente.
e il collega chòbotov vuole rovinarlo..

allora efimyc si mette a viaggiare con l’amico
michaíl aver'jànyc, ma passa il tempo
del viaggio coricato nei divani
delle camere d’albergo, e regala a michaìl
gli ultimi suoi cinquecento rubli,
perché l’amico ha perso al gioco;
quando tornano a casa
nel frattempo il collega l’ha sostituito,
ed efimyc ha perso il posto.

ormai è dentro un cerchio incantato.

alla fine lo portano alla corsia dei pazzi,
gli consegnano una veste da camera, e le pantofole.
efímyc li indossa indifferente
e guarda i campi alla finestra.
capisce di essere troppo debole
e che deve uscir fuori, andar via…
ma l’infermiere nikita gli spacca la faccia,
e lui capisce allora tutto il dolore
che ogni paziente della corsia
doveva aver provato per anni e anni
in quel luogo di dolore.

poi di sera muore, un colpo apoplettico.
un brivido, nausea: colori, qualche visione,
poi scompare tutto per sempre.
il suo cadavere, nella cappella,
è illuminato dalla luna.

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