mercoledì 4 maggio 2011

Vita "sotterranea" per umani di serie B


di Francesca Saieva

(photo by Francesca Saieva)

Ricordate la splendida scena disneyana degli Aristogatti, quando Romeo, er mejo der Colosseo, conduce miciona Duchessa e i suoi piccoli nel suo coloratissimo (come si addice a un cartoon) ma fatiscente super-attico? E lì gatti-musicisti, tutti insieme si lasciano andare a una strepitosa e coinvolgente performance a ritmo di jazz. Quei gattoni esistono davvero, sicuramente meno allegri e ‘acrobati’, ma sono proprio loro, i randagi (umani e non) di ogni città: li trovi ovunque, in ogni quartiere, campo, sobborgo; ci affiancano per strada, come fantasmi fanno ombra ai nostri passi. Vivono spesso nei ‘sotterranei’ perché clandestini, sono quasi grati ai loro protettori per non averli ‘rispediti’ nel luogo di provenienza. Poco importa, infatti, se non si è liberi di circolare o di uscire dai ‘sotterranei aziendali’, dove si è, il più delle volte, impiegati e sfruttati per lavori di ogni tipo; ciò che conta è evitare il rimpatrio.

Nessun sarcasmo, tanto più che la questione è estremamente delicata e se dall’Est in questi ultimi mesi giungono notizie di rifugi per immigrati centroasiatici nel sotterraneo della ferrovia Kievskaya, e nelle vicinanze di Mosca per vietnamiti presso una fabbrica di confezioni d’abbigliamento, anche la consistente presenza d’immigrati e nomadi nel nostro Paese dovrebbe fare riflettere su queste realtà, e sulle inevitabili conseguenze della clandestinità e dei suoi traffici umani.
I flussi migratori si espandono a macchia d’olio e l’ ‘invisibilità’ del fenomeno è pari a quella di un elefante. Una sorta di Underground alla Kusturica, dove nel tempo tutto riaffiora in superficie.
Stando così le cose, c’è però chi crede di avere in mano le chiavi del problema… ma mi chiedo: la visibilità può davvero gestire l’invisibilità?
Ieri a Milano è stata approvata e firmata dal sindaco Letizia Moratti, dal ministro dell’Interno Roberto Maroni e dal prefetto Gian Valerio Lombardi la chiusura del campo nomadi di via Triboniano, si tratta di “proseguire la politica di azzeramento dei campi abusivi – ha asserito il sindaco Letizia Moratti – e di alleggerire quelli regolari”; sono previste altre chiusure, quattro entro quest’anno; anche da Bologna sono recentissime le notizie di uno sgombero effettuato da ruspe a Casteldebole; distrutti alberi e le tende di rom rumeni.
Ma tra i cespugli troviamo ancora quei randagi che dicono “hanno distrutto la baracca, […] non cacciateci più”. E gli invisibili tornano, anzi non se ne sono mai andati del tutto. Perché gli sgomberi non sono risolutivi, piuttosto il reinserimento e l’integrazione potrebbero fronteggiarne il problema, dal momento che la mancanza di beni primari spinge – sottolineano gli attivisti del volontariato - all’illegalità.
Clandestini, reietti, o esseri umani? Soltanto in questi termini la visibilità può gestire l’invisibilità, nell’impegno di una politica per le connivenze sociali (realtà dei nostri giorni), culturali, etniche nel rispetto reciproco, perché il giardino dei gatti ostinati è uno degli infiniti mondi sotterranei, delle underground-stanze dell’io. Il giardino è lì ad attenderci fuori dalla porta della nostra città; i gatti ci guardano, il loro ‘verso’ è lo stesso di ogni essere umano; ‘invisibile oltre’ di un refrain disneyano: tutti quanti, tutti quanti voglion fare jazz.

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