mercoledì 13 aprile 2011

L'introduzione della lingua siciliana nelle scuole



"Pir meu cori alligrari" nel manoscritto originale del Barbieri


di Fonso Genchi

Lo scorso 6 aprile 2011, all'unanimità, i deputati regionali componenti della V Commissione "Cultura, Formazione, Lavoro", cioè Salvatore Lentini (vicepresidente e relatore, UDC), Filippo Panarello (vicepresidente, PD), Antonino Dina (segretario, PID), Antonino Beninati (PDL), Giambattista Bufardeci (FDS), Alberto Campagna (PDL), Maria Anna Caronia (PID), Carmelo Currenti (FLI), Marco Lucio Forzese (UDC), Ignazio Marinese (PDL), Bruno Marziano (PD), Bernardo Mattarella (PD), Giuseppe Picciolo (PD) e Francesco Rinaldi (PD), hanno approvato un disegno di legge volto all'introduzione nelle scuole siciliane di ogni ordine e grado, dell'insegnamento della storia, della letteratura e della lingua siciliana. Il disegno di legge passerà adesso all'Assemblea Regionale Siciliana per la definitiva approvazione.

Questo il semplice e brevissimo testo del disegno di legge:

Art. 1.
Insegnamento della storia, della letteratura e della lingua siciliana nelle scuole

1. La Regione promuove la valorizzazione e l’insegnamento della storia, della letteratura e della lingua siciliana nelle scuole di ogni ordine e grado.

2. Al raggiungimento dell’obiettivo di cui al comma 1 sono destinati appositi moduli didattici, all’interno dei piani obbligatori di studio definiti dalla normativa nazionale, nell’ambito della quota regionale riservata dalla legge e nel rispetto dell’autonomia didat-tica delle istituzioni scolastiche.

Art. 2.
Indirizzi regionali sui piani di studio personalizzati

1. L’assessore regionale per l’istruzione e la formazione professionale, con proprio decreto, da emanarsi entro 90 giorni dalla presente legge, previo parere della competente Commissione legislativa, stabilisce gli indirizzi di attuazione degli interventi didattici a-venti ad oggetto la storia, la letteratura e la lingua siciliana, dall’età antica sino ad oggi, con particolare riferimento agli approfondimenti critici e ai confronti fra le varie epoche e civiltà, agli orientamenti storiografici più significativi, dall’Unità d’Italia fino alla fine del XX secolo ed all’evoluzione dell’Istituzione regionale anche attraverso uno studio dello Statuto della Regione.
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Art. 3.
Norma finale

1. La presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Regione siciliana.

2. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.


Vorrei fare partecipe il lettore di PAlingenesi di alcune mie riflessioni, in particolare, sull'introduzione dello studio della lingua siciliana, quello che, a prima superficiale vista, potrebbe sembrare il meno importante tra gli insegnamenti che si vogliono introdurre.

La lingua siciliana, meno che per circa 2 secoli in cui è stata addirittura la lingua ufficiale della cancelleria del Regno (di Sicilia), ha sempre avuto un rapporto controverso con la politica e con il potere siciliano; se ciò risulta parzialmente comprensibile per quanto riguarda la storia passata della Sicilia, invasa spesso da eserciti alloglotti, risulta invece quanto meno strano per l'ultimo sessantennio, periodo in cui la Sicilia si è dotata di una propria forte (almeno sulla carta) autonomia.

Infatti lo Statuto della Regione Siciliana, all’articolo 14, sancisce che l’Assemblea Regionale ha la legislazione esclusiva – tra l’altro – anche sull’istruzione elementare e, all’articolo 17, che “l’ Assemblea regionale può, al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della Regione, emanare leggi” – tra l’altro – anche sull’istruzione media e universitaria.

Mentre tutte le altre regioni autonome d'Italia hanno da tempo introdotto nelle scuole l'insegnamento della cultura locale (in Sardegna il Sardo è stato addirittura "promosso" a lingua ufficiale), nonostante i mezzi che la classe politica siciliana ha a disposizione dal 1946, al Siciliano non era stato ancora riconosciuto il diritto di entrare in tutte le scuole come materia di insegnamento.

Parlando di diritti, in fin dei conti, colui che è risultato penalizzato da questa situazione è stato lo stesso cittadino siciliano a cui si è negato il diritto di istruzione sulla lingua della propria terra, che è stata lingua madre dei propri genitori e dei suoi antenati e che, in moltissimi casi, è anche la sua lingua madre; inoltre non gli viene riconosciuto il diritto di conoscere la storia della letteratura di tale lingua. E’ evidente che tale deficienza del sistema scolastico lo impoverisce culturalmente; e qualsiasi impoverimento culturale, ancor più se legato alla propria specifica identità, non può non avere riflessi sociali.

Non è un caso che spesso quelle regioni e quei paesi in cui è più sviluppata la difesa della propria specifica identità culturale, anche e soprattutto attraverso la promozione della propria specifica lingua, siano regioni all’avanguardia – o comunque in forte crescita - dal punto di visto economico, culturale, sociale. L’orgoglio per la propria identità – senza doversi, per forza, trasformare in nazionalismo o separatismo – è alla base dell’amor proprio di un popolo, amor proprio senza il quale non è possibile costruire sviluppo, a tutti i livelli e in tutti i campi.

La questione della dignità da dare alla lingua siciliana abbraccia, pertanto, un ambito ben più vasto del solo aspetto linguistico; probabilmente il grado di dignità che diamo alla nostra lingua è lo stesso di quello che, forse pur inconsciamente, diamo a noi stessi, come popolo.

A giudicare da come, fino ad oggi, i nostri politici e noi tutti, abbiamo trattato la lingua siciliana, non c’è molto da meravigliarsi se le enormi potenzialità della terra di Sicilia e delle sue genti rimangono attualmente inespresse. L’economia, la cultura, la politica e tutti gli altri aspetti della società siciliana non possono e non potranno vivere una fase di “rinascenza” se non passando attraverso la rinascita dell’orgoglio per la propria identità e, quindi, anche per la propria lingua.

Per questo, questo disegno di legge può essere davvero importante.

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