giovedì 30 dicembre 2010

Semiotica del nucleare

di Daniela Palumbo
Ho appena rivisto lo spot “a favore” del nucleare, sollecitata da alcuni amici che hanno pensato di condividere sulla rete un interessante articolo in proposito, pubblicato all’interno del  blog italiani imbecilli. Ciò mi ha spinto ancora una volta a riflettere sull’abuso del potere mediatico, recentemente amplificato e reso ancor più minaccioso dalle continue ingerenze di una certa propaganda sull’ampio palcoscenico televisivo, accrescendo dentro di me il timore che possa realizzarsi ciò che una vecchia pellicola fantascientifica definiva come “l’invasione degli ultracorpi”.
Lo spot userebbe tecniche di persuasione molto efficaci in quanto basate sulla capacità di fare leva sulla parte emotiva di ciascun essere umano, sfruttando la  simbologia cromatica (evidente nell’opposizione bianco-nero dei pezzi degli scacchi) e curando il tono delle voci fuori campo (confidenziale e suadente quello pro nucleare, piuttosto aspro quello del suo avversario).
Rivedendo lo spot, riesaminandone con attenzione ogni singolo “frammento”, ho avuto l’impressione di essere stata catapultata in pochi attimi indietro nel tempo, verso gli anni dell’università e gli studi di semiotica, i quali prevedevano anche l’analisi di brevi filmati pubblicitari. E un grande entusiasmo mi ha subito colto, mi sono sentita viva proprio perché ancora in grado di destrutturate (almeno in parte) un edificio concepito ad hoc per colpire la mia parte meno “cosciente” e consapevole: è vero, qualcuno vuole o vorrebbe indirizzarci verso una scelta il più possibile “guidata” (mi torna in mente la battuta di un vecchio film francese che somigliava di più a una  pièce de théâtre: “Mia cara, considerando che è molto tardi, che mamma è molto stanca, e che con una telefonata al ristorante potremmo benissimo disdire la prenotazione, visto che è il tuo compleanno, cosa ti piacerebbe fare?”).
Ho notato altri aspetti del messaggio, a mio parere significativi, oltre a quelli appena citati; elementi che di volta in volta sono emersi alla mia coscienza come bolle biancastre di schiuma sulla superficie del mare a riva: il profilo dell’uomo di sinistra, ad esempio (e sottolineo “di sinistra”, quello a favore del nucleare), all’apparenza sereno e sorridente, evoca l’immagine positiva e benigna dell’erma bifronte, risparmiando al pubblico la visione di quella mostruosa e occulta. E tanto più temibile quanto più occulta.
Inoltre, l’ultima parola pronunciata dalla voce fuori campo, facendo esplicito riferimento alla “posizione” di un anonimo quanto universale interlocutore, esterno alla partita, presuppone la necessità di un giudizio estremo, che giunga dall’alto di una visione manicheista refrattaria a qualsiasi mediazione.
E infine, che dire della “posizione” della coppia di donne visibili alla fine dello spot, subordinata alle scelte maschili e pertanto inquadrata per ultima e assolutamente silenziosa? Rassicurante, nella misura in cui essa appare conforme alla “tradizione”, secondo la stessa logica per cui vengono ancora oggi tollerati (e sotto sotto assolti) tanti misfatti.
Un’ultima riflessione meriterebbe, a mio avviso, l’esplicito “invito” finale: “E tu? Sei a favore o contro?” Il pronome in questione, virtualmente interlocutorio, dovrebbe prevedere la presenza, dall’altra parte, di qualcuno che parli in prima persona, che si assuma la responsabilità di dire “io”.
Magari da dietro la maschera…

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